Ricordi di un Natale di tanto tempo fa

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Mantenere e trasmettere costumanze e tradizioni ataviche sono un ricco e inalienabile tesoro dell’uomo perchè formano una parte rilevante della sua cultura. E attraverso il ricordo noi le viviamo e, non di rado, rimpiangiamo il bel tempo che fu. Sicuramente le tradizioni natalizie sono quelle che più restano impresse nella nostra memoria perchè ci fanno rivivere tante cose belle: il calore della famiglia, i preparativi di Natale con i suoi riti e le sue liturgie: il presepe, l’albero con luci e addobbi, i doni da fare e da ricevere. E ancora interminabili partite a carte o giocate di tombola, ora favorevoli,ora sfortunate, con cui si trascorrevano lunghi pomeriggi o serate. Ci ricordano come Sorrento si vestiva a festa. Dappertutto luminarie, negozi stracolmi di ogni ben di Dio, il via vai rumoroso e allegro della gente indaffarata nelle compere mentre lontano si udiva il suono delle ciaramelle e delle cornamusa degli zampognari che intonavano la “novena” al Bambino Gesù; o il crepitio dei tracchi e dei bengala che riempivano l’aria del caratteristico odore di zolfo. Natale era una lunga festa che iniziava già a metà mese, a S. Lucia, con l’inizio dei lavori per il presepe che, di prammatica, doveva essere di rami di fico che facevano da ossatura all’impianto e che poi erano ricoperti da carta di giornali, fissata con la colla e poi dipinta. Poi c’era da mettere le statuine dei pastori, di creta o di cartapesta, che animavano la scena. Giorno di piena gioia era la vigilia di Natale. Già di buon’ora nelle case si facevano i preparativi per il cenone serale. Zeppole e struffoli erano la prima preoccupazione di ogni madre, perchè richiedevano tempo per la preparazione e molta accortenza, soprattutto se le zeppole erano quelle bollite, pericolose quando si friggevano perchè facilmente “scoppiavano”.

Uno spettacolo a sè offriva via San Cesareo, la strada dove si concentravano salumerie, fruttivendoli, macellerie, pescherie, pasticcerie. Era un trionfo di colori e di profumi. Ogni negozio faceva a gara ad esporre la merce con una scenografia accattivante: trionfi di frutta, di verdura e di ortaggi adornavano i negozi dei fruttivendoli; le macellerie esponevano sul fronte strada mezzene di vitelli, di maiale con le teste staccate con un odoroso limone in bocca, e ancora polli ruspanti, capretti; le pescherie presentavano ogni tipo di pesci, di crostacei, cozze, vongole ma soprattutto i “capitoni” che guizzavano in vasche colme d’acqua. Le voci di zi ‘Ntunino, zi Monaco, dei Ferola, di ‘Nduluniello, laceravano l’aria, invitando all’acquisto di dentici o orate, di vongole e cozze. Sembra ancora di sentire l’eco delle loro voci. Non parliamo poi delle pasticcerie che riempivano le loro vetrine di paste reali, rococò, susamielli, cassate, mustaccioli, tronchi di Natale, panettoni. Liquori e spumanti facevano da contorno. Chi oggi si trovasse a passare per questa strada la troverà più vicina ad un bazar o suk arabo per la quasi totale mutazione delle merci in vendita (oggetti in pelle e paccottiglia varia che hanno finito per scalzare anche i prodotti dell’artigianato dell’intarsio sorrentino, un comparto storico, tipico di Sorrento, ora in profonda crisi). O tempora, o mores, griderebbero i Romani antichi. Così va il mondo.

Come fotogrammi di una pellicola scorrono davanti agli occhi le funzioni religiose, perchè, non dimentichiamolo, Natale è una festa soprattutto religiosa. La Messa di mezzanotte in Cattedrale e la processione del Bambinello per le vie di Sorrento accompagnate dell’inno composto da S. Alfonso e dallo scoppiettio degli assordanti fuochi d’artificio. Chi oggi volesse rivivere queste atmosfere, certo rimarrebbe alquanto deluso. Sono cambiati i tempi, altri sono gli interessi e le preoccupazioni degli uomini. Tuttavia il Natale sorrentino si sforza di essere come quello di tanti anni fa, anche perchè nel sud si è più attaccati alla tradizione e si fa di tutto per far rivivere certe atmosfere con manifestazioni che si avvicinano molto a quelle del passato.

Certo quello che non si troverà più è l’elemento umano, quegli uomini, in gran parte oramai scomparsi, che erano i protagonisti di quella bella favola che si chiamava Natale.

 Antonino Fiorentino

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